mercoledì 21 gennaio 2015

La morte di un cecchino


Esce nei cinema il film American Sniper di Clint Eastwood, tratto dall'autobiografia omonima del cecchino Chris Kyle (1974-2013), un soldato dei SEAL americani. Durante i suoi tre turni in Iraq, sarebbe diventato il cecchino più letale delle forze armate statunitensi, con una stima non ufficiale di centosessanta uccisioni confermate e duecentocinquanta probabili. Simili dati farebbero di lui anche uno degli assassini seriali più efferati della storia.

Chris Kyle in operazione

Poi, nel 2009, sua moglie Taya Renae Studebaker non ce la fece più: a suo dire, tracciò una linea sul tavolo della cucina e chiese al marito di scegliere tra la famiglia e il mestiere di soldato.

Kyle e i suoi due figli piccoli

Allora Kyle si congedò, e quattro anni dopo fu ucciso in un poligono di tiro texano dallo sparo di Eddie Ray Routh, ex soldato della fanteria da sbarco americana (U.S. Marine Corps) sofferente di disturbo post-traumatico da stress, a cui Kyle stava cercando di dare sostegno. I proventi dello stesso American Sniper erano destinati all'organizzazione che Chris aveva creato proprio per aiutare i veterani sofferenti di questa patologia.

Chris Kyle in un'intervista televisiva. Si noti il movimento del piede sinistro dell'ex militare, il suo rispondere “Yes, sir” (“Sissignore”) al presentatore, e la leggerezza con cui parlano di morti sparati

Lo stesso Kyle pare non riuscisse a lasciarsi la guerra alle spalle dopo essere tornato a casa. È sempre stato il dramma di molti reduci. La sua consorte ricorda: “Fu difficile riabituarsi a essere a casa. Si svegliava tirando pugni. Era sempre teso, ma ora, quando mi alzavo nel mezzo della notte, mi fermavo e pronunciavo il suo nome prima di tornare a letto. Dovevo svegliarlo prima di tornare per assicurarmi di non venire colpita a causa di un riflesso automatico”.

Nell'intervista, Kyle parla di situazioni in cui si vengono a trovare i soldati e le loro famiglie

Chris Kyle col suo micidiale strumento di lavoro (fotografia di Paul Moseley/AP)

Nel libro risaltano pure altre testimonianze di Taya Renae, che dichiara: “Entrambi stavamo cambiando e crescendo in mondi completamente separati. Lui non aveva informazioni di prima mano su di me e io non le avevo di lui. C'era fra noi una distanza che nessuno dei due riusciva a eliminare veramente, e neppure a parlarne”; e ancora: “La paura e la tensione nervosa erano insopportabili […] Provavo sempre due emozioni contemporanee, un sacco di opposti polari. C'erano i sentimenti di rabbia verso di lui perché era sempre via e di colpa per essere arrabbiata, sapendo che lo amavo e non volevo che gli succedesse qualcosa”.

Chris e Taya Kyle nell'aprile 2012. Lui porta un cappellino col fregio del teschio tipico di stemmi dei Navy SEAL. Lei porta al collo una croce

Adesso il ricordo di Kyle ruota molto attorno a quanto fosse un bravo marito e ottimo padre. Anche se Taya scrisse: “'Ho sempre creduto che la tua responsabilità sia verso Dio, la famiglia e la patria – in quest'ordine'. Lui non era d'accordo – metteva la patria davanti alla famiglia. Ora lo so. Per lui essere un SEAL è più importante che essere un padre o un marito".
Certo, i morti sono sempre santi.

Bruce Springsteen – Born in the U.S.A.

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