mercoledì 21 gennaio 2015

Ballata del marinaio stanco


La Brigata San Marco è un reparto speciale delle forze armate italiane. Per farvi parte è dunque logico che si debbano superare difficili prove fisiche; indubbiamente occorre un corpo dalle prestazioni straordinarie.

Membri della Brigata San Marco eseguono piegamenti sulle braccia


Però un suo membro, Massimiliano Latorre, sembrerebbe fare eccezione, perché mentre si trova prigioniero in India ha un attacco ischemico transitorio. Il governo indiano gli concede allora un permesso di tre mesi (poi prolungati di altri tre) per tornare in Italia a curarsi. Qui viene operato due volte per un'anomalia cardiaca.

Il fuciliere Massimiliano Latorre

Come mai un milite del genere ha avuto un'ischemia? Le sue condizioni vascolari sono peggiorate così drasticamente dopo il suo arruolamento? Come ha fatto un uomo a entrare nel Battaglione S. Marco soffrendo di un'anomalia cardiaca? Era sfuggita ai medici militari?

Incisione di Gustave Doré per The Rime of the Ancient Mariner, lirica di Samuel Taylor Coleridge

Iron Maiden – The Rime of the Ancient Mariner

La morte di un cecchino


Esce nei cinema il film American Sniper di Clint Eastwood, tratto dall'autobiografia omonima del cecchino Chris Kyle (1974-2013), un soldato dei SEAL americani. Durante i suoi tre turni in Iraq, sarebbe diventato il cecchino più letale delle forze armate statunitensi, con una stima non ufficiale di centosessanta uccisioni confermate e duecentocinquanta probabili. Simili dati farebbero di lui anche uno degli assassini seriali più efferati della storia.

Chris Kyle in operazione

Poi, nel 2009, sua moglie Taya Renae Studebaker non ce la fece più: a suo dire, tracciò una linea sul tavolo della cucina e chiese al marito di scegliere tra la famiglia e il mestiere di soldato.

Kyle e i suoi due figli piccoli

Allora Kyle si congedò, e quattro anni dopo fu ucciso in un poligono di tiro texano dallo sparo di Eddie Ray Routh, ex soldato della fanteria da sbarco americana (U.S. Marine Corps) sofferente di disturbo post-traumatico da stress, a cui Kyle stava cercando di dare sostegno. I proventi dello stesso American Sniper erano destinati all'organizzazione che Chris aveva creato proprio per aiutare i veterani sofferenti di questa patologia.

Chris Kyle in un'intervista televisiva. Si noti il movimento del piede sinistro dell'ex militare, il suo rispondere “Yes, sir” (“Sissignore”) al presentatore, e la leggerezza con cui parlano di morti sparati

Lo stesso Kyle pare non riuscisse a lasciarsi la guerra alle spalle dopo essere tornato a casa. È sempre stato il dramma di molti reduci. La sua consorte ricorda: “Fu difficile riabituarsi a essere a casa. Si svegliava tirando pugni. Era sempre teso, ma ora, quando mi alzavo nel mezzo della notte, mi fermavo e pronunciavo il suo nome prima di tornare a letto. Dovevo svegliarlo prima di tornare per assicurarmi di non venire colpita a causa di un riflesso automatico”.

Nell'intervista, Kyle parla di situazioni in cui si vengono a trovare i soldati e le loro famiglie

Chris Kyle col suo micidiale strumento di lavoro (fotografia di Paul Moseley/AP)

Nel libro risaltano pure altre testimonianze di Taya Renae, che dichiara: “Entrambi stavamo cambiando e crescendo in mondi completamente separati. Lui non aveva informazioni di prima mano su di me e io non le avevo di lui. C'era fra noi una distanza che nessuno dei due riusciva a eliminare veramente, e neppure a parlarne”; e ancora: “La paura e la tensione nervosa erano insopportabili […] Provavo sempre due emozioni contemporanee, un sacco di opposti polari. C'erano i sentimenti di rabbia verso di lui perché era sempre via e di colpa per essere arrabbiata, sapendo che lo amavo e non volevo che gli succedesse qualcosa”.

Chris e Taya Kyle nell'aprile 2012. Lui porta un cappellino col fregio del teschio tipico di stemmi dei Navy SEAL. Lei porta al collo una croce

Adesso il ricordo di Kyle ruota molto attorno a quanto fosse un bravo marito e ottimo padre. Anche se Taya scrisse: “'Ho sempre creduto che la tua responsabilità sia verso Dio, la famiglia e la patria – in quest'ordine'. Lui non era d'accordo – metteva la patria davanti alla famiglia. Ora lo so. Per lui essere un SEAL è più importante che essere un padre o un marito".
Certo, i morti sono sempre santi.

Bruce Springsteen – Born in the U.S.A.

Foche ammaestrate


Un militare statunitense che avrebbe (così dice) partecipato alla missione in cui fu ucciso Bin Laden ci scrive un libro, No Easy Day, condendolo con altre sue esperienze soldatesche sì da renderlo una sorta di autobiografia. Quanto sia romanzata, non è precisato, ma basti sapere che la firma dell'autore è uno pseudonimo. “Marc Owen” sarebbe infatti Matt Bissonnette.

Membri dell'unità antiterrorismo SEAL Team 6, cui sarebbe appartenuto Owen-Bissonette

Cosa emerge dal testo? Passione e patriottismo, tanto da far pensare a una propaganda degli sforzi bellici statunitensi. Probabilmente uno dei loro nemici avrebbe gli stessi sentimenti e ne scriverebbe allo stesso modo, se mai firmasse un'autobiografia e fosse pubblicata.
Che cosa distingue un marinaio dei SEAL, come l'autore, da una loro omonima di altra specie: la foca ammaestrata (SEAL è l'acronimo di Sea, Air, Land: “Mare, Aria, Terra”; ma in inglese seal vuol dire appunto “foca”)? Tantissimo, è ovvio; ma non una cosa: entrambi sono addestrati per eseguire compiti che non possono discutere né rifiutarsi di eseguire, pena gravi punizioni.

Navy SEAL

Foca


Ma leggendo “fra le righe”? Quella passione e quel patriottismo sembrano albergare in una mente immatura: l'autore cominciò a sognare di essere un SEAL quando lesse a otto anni la biografia di uno di loro. Altri bambini sognano allo stesso modo di diventare Superman, ma poi crescono.

L'insegna del SEAL Team 4 rappresenta una foca e il motto latino Mal ad osteo, che significa “Cattivo fino alle ossa”

Non è forse vero che solo un pazzo (e ce ne sono) adora la guerra dopo averla sperimentata? Invece, sempre nel filone dell'immaturità, può stupire come l'autore sembri amare la guerra, entusiasmandosi per le missioni cui partecipa, compresa l'uccisione di nemici. Al suo primo omicidio personale, dichiara di non aver provato nessuna emozione.
Ora, è possibile che egli non abbia visto tanti compagni ammazzati sotto i suoi occhi, come avviene in battaglie vere e proprie, perché quelle che narra di aver condotto sono poco più che scaramucce, dove nessun commilitone resta ucciso.

John Wayne nel film Green Berets (“Berretti verdi”, 1968), accusato di propaganda

Nel libro, come nei film di guerra, non si dice che invece qualunque soldato, “speciale” o meno, tende a perdere il controllo degli sfinteri per la paura al suo primo scontro bellico. Né si dice quanto numerosi sono i militari che rincasano dalle missioni di guerra col disturbo post-traumatico da stress. Altro che supereroi!

Cervello e Navy SEAL

Non si mette in dubbio che dal punto di vista psico-fisico sia durissimo superare i corsi di selezione per diventare membro di questi corpi speciali. Ma è possibile che la resistenza mentale e il coraggio necessari non coincidano giocoforza con l'equilibrio e dunque la maturità psichici?

Un aspirante SEAL giace stremato durante la fase d'addestramento BUD/S (Basic Underwater Demolition/SEAL)

Per darsi coraggio

Un libro firmato con lo pseudonimo Marc Owen narra quella che sarebbe la sua vita nei SEAL della Marina militare statunitense.

Michael Murphy, tenente dei SEAL ucciso nella provincia di Kunar, Afghanistan, nel 2005

S'intitola No Easy Day, e ricorda il motto di queste forze speciali: “The only easy day was yesterday” (“L'unico giorno facile è stato ieri”). Quando si svolge un lavoro del genere, c'è bisogno di farsi forza con proclami e simboli evocativi.

Cartello alla parete di una sala d'addestramento dei Navy SEAL. UDT è l'acronimo di Underwater Demolition Team (“Squadra di demolizione subacquea”)

Lo stesso dicasi per situazioni professionali altrettanto coraggiose pur se meno esaltate dagli individui medi, come quello di un operaio divorziato con figli da mantenere: “The only easy day was yesterday”.


Analogamente, pare che nei lunghi anni di carcere Nelson Mandela (1918-2013) si confortasse con una poesia di William Ernest Henley (1849-1903), intitolata a posteriori Invictus

Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.

[Dalla notte che mi avvolge,
Buia come un pozzo che va da un polo all'altro,
Rendo grazie a qualunque Dio esista,
Per la mia anima invincibile.

La morsa feroce degli eventi
Non m'ha tratto smorfia o grido.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Di là da questo luogo d'ira e di lacrime
Si staglia solo l'Orrore delle ombre,
Ma la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.

Non importa quanto angusta sia la porta,
Quanto impietosa la sentenza,
Sono il padrone del mio destino,
Il capitano della mia anima.]

Nelson Mandela

A dodici anni, Henley s'ammalò di tubercolosi, che diede luogo al morbo di Pott. Nel 1865 o qualche anno dopo gli amputarono metà dell'arto inferiore sinistro. Scrisse Invictus durante una delle sue lunghe degenze ospedaliere.

William Ernest Henley

Separati alla nascita? (58)

Nicolas Cage, attore statunitense

William Ernest Henley, giornalista statunitense

Separati alla nascita? (57)

Ugo Conti, attore italiano

John Mellencamp, musicista statunitense

Separati alla nascita? (56)

Beppe Tenti, giornalista italiano

Peter Higgs, fisico inglese

Separati alla nascita? (55)

Luciano De Crescenzo, attore italiano

Roberto Salvioni, medico italiano

Separati alla nascita? (54)

Beppe Grillo, politico italiano

Natalino Balasso, comico italiano

Separati alla nascita? (53)

Valentina Vezzali, schermitrice italiana

Mike Bongiorno, presentatore italiano

Separate alla nascita? (62)

Elisa Isoardi, presentatrice italiana

Sara El Debuçh, attrice siriana-italiana

La visibilità del velo

Il 19 gennaio 2015, nella trasmissione televisiva Piazzapulita della rete La7 (visibile per intero al sito http://www.la7.it/piazzapulita/rivedila7/europa-ti-odio-20-01-2015-145299), lungo servizio su Sara El Debuçh, siriana-italiana che fa l'attrice, ha un viso d'aspetto piacevole e porta il velo.

Sara El Debuçh durante il servizio di Piazzapulita

Se non lo portasse, avrebbe avuto la stessa visibilità o per finire su una televisione nazionale avrebbe dovuto fare gli sforzi di molte altre sue colleghe e soprattutto aspiranti tali? Per di più, la ragazza dichiara che il suo sogno è vincere un Oscar portando il velo.
Ma il velo non serviva a nascondere, o almeno a coprire (non solo per le musulmane; vedi il post http://gruppoamoha.blogspot.it/2014/06/chiesa-e-disinibizione.html)?

L'odio o l'indifferenza dell'inciviltà

Il 19 gennaio 2015 Toni Capuozzo conduce su Rete4 una puntata della trasmissione Terra! sui recenti fatti francesi che hanno coinvolto l'islam. (visibile per intero al sito http://www.video.mediaset.it/video/terra/full/508689/siamo-ancora-charlie-19-gennaio.html).

Il giornalista Toni Capuozzo

Poco prima va in onda sulla rete La7 la puntata “Europa ti odio” della trasmissione televisiva Piazzapulita (visibile per intero al sito http://www.la7.it/piazzapulita/rivedila7/europa-ti-odio-20-01-2015-145299).

Il giornalista e scrittore Massimo Fini

L'invitato Massimo Fini dichiara: “C'è una cosa dove c'è tutta la debolezza dell'Occidente, e cioè: là ci sono valori fortissimi – alle volte sbagliatissimi, alle volte no, come son quelli di Sara [Sara El Debuçh, ndr] – e noi siamo un... l'Occidente è completamente svuotato di valori. Solo gli jihaidisti posson credere che ci sia ancora un Occidente cristiano: non esiste più. Quando Nietsche nel 1888 proclama la 'morte di Dio', constata, con un po' di decenni d'anticipo, che Dio è morto nella coscienza occidentale, e al suo posto non è subentrato che valori quantitativi e mercantili. E questa è la nostra debolezza”.

Tre attiviste del gruppo Femen inscenano una protesta in Vaticano, ponendosi un crocifisso sulle terga

Francesco Guccini – Dio è morto: "Perché noi tutti ormai crediamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge".

Anche l'Italia aveva un vecchio proverbio: “Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”. Similmente, fino al 1999 la bestemmia era un reato per la legge italiana (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_sulla_blasfemia).


Non violenze diverse?

Nel presente clima di accusa europeo all'estremismo islamista, certi musulmani vogliono sottolineare il vero spirito pacifico della loro religione citando la frase coranica “Chi uccide una sola anima, è come se avesse ucciso tutta l'umanità”.
In realtà, salvo errori di traduzione, la frase che un tratto del Corano attribuisce a Dio è: “… chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla Terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità” (Surah Al-Ma'idah, 5:32).

Surah Al-Ma'idah, 5:32

Ma se quell'uomo ha ucciso o ha sparso la corruzione sulla Terra?
Si paragoni dunque il brano sopra con una frase del Cardinale Carlo Maria Martini: “Ogni violenza è negazione di Dio e negazione dell'uomo”. Anche verso chi ha ucciso o ha sparso la corruzione sulla Terra.

Il Cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012)

Papa pugile

“Colui che per la prima volta ha lanciato all'avversario una parola ingiuriosa invece di una freccia è stato il fondatore della civiltà”
John H. Jackson
“Ma se c'è gente che fa a botte a trent'anni! Dai, fare a botte a trent'anni è come farsi fare un p...ino dalla barbie
Natalino Balasso


Sull'aereo che lo porta a Manila, il Papa commenta l'attentato a Charlie Hebdo, dicendo che se qualcuno insulta mia madre, è normale che gli spetti un pugno.


Francesco I gode di gran favore per essere utilmente vicino ai sentimenti del popolo. Forse la sua frase succitata seguiva questo filone, ma s'è giustamente notata l'apparente sua idiosincrasia col comandamento evangelico di “porgere l'altra guancia” (“A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra”, Luca 6,27-38).


Se è logico che l'insulto alla mamma di un italiano sortisca da questi un pugno in faccia, perché non dovrebbe essere logico che un insulto a Maometto sortisca bombe da parte di terroristi islamici?
In entrambi i casi si tratta di un gesto violento in risposta a una comunicazione sgradita. Non sarebbe più civile e quindi evoluto per la specie umana, se a un insulto si rispondesse al massimo con un insulto e a un disegno satirico con un disegno satirico?


Nella giurisprudenza italiana esiste il reato di eccesso di legittima difesa, che si manifesta quando la reazione a una minaccia è ritenuta esagerata. Se è legittimo che un figlio difenda la propria madre e se stesso da un insulto, se è legittimo che un musulmano difenda il proprio profeta da una satira, non è eccessivo che il primo lo faccia con un pugno e il secondo con una bomba? La legge, che dovrebbe punire tali eccessi, condanna chi colpisce con un pugno e chi uccide con una bomba. Meglio ancora, la stessa legge serve a cercar di prevenire simili gesti.
Perché la legge li proibisce? Perché possono inficiare la convivenza – e dunque la vita intera – civile e serena.

Libertà e responsabilità

La propria libertà finisce dove inizia quella degli altri. Molto difficile rispettare sempre questa regola. Se in una vignetta dileggio Maometto e per questo temo di essere ucciso, posso scegliere, con la mia libertà, di evitare quella vignetta; perché l'autoconservazione è un impulso naturale.


Tuttavia non esistono solo motivazioni dettate dalla paura, bensì anche dal rispetto. Se in una vignetta dileggio Maometto e per questo manco di rispetto, posso scegliere, con la mia libertà, di evitare quella vignetta.


Aretha Franklin – Respect

Ma come si può fare satira senza mancare di rispetto proprio a nessuno? Più ancora: senza urtare la sensibilità di nessuno? Sarebbe come fare la zanzara senza pungere.
Allora subentra a questo punto la responsabilità, che va di pari passo con la libertà: più c'è la seconda, più c'è la prima. Se, con la mia libertà di zanzara, pungo uno scienziato folle che per ripicca inventa un macchinario che distrugge tutte le zanzare della Terra?


Fin'ora, l'essere umano si considera troppo superiore alle zanzare, per farne una caso se ne ammazza una che l'ha punto. Ma tra uomini, la morale cambia: la società italiana (e molte altre) non ammette che un uomo ne ammazzi un altro per la “puntura” di una satira. Tuttavia esistono anche culture che non condividono questa idea di civiltà; individui che hanno un'idea diversa della satira e della vita umana. Finché esisteranno sia il mondo italiano o francese, sia il mondo “talebano”, bisognerà tener conto di entrambi nella libertà e nella responsabilità di ciascuno. Bisognerà mettersi la citronella, prima di accendere la luce del balcone. Ricordare che così come in questi lidi appare mostruoso uccidere per una satira, lo è morire per una satira. Da ciò si dovrebbero trarre le conclusioni.
Ci sono anche europei che non sono (del tutto) Charlie, semplicemente perché non sono disposti a rischiare la morte di qualche essere umano per una vignetta satirica. E considerano questo rifiuto la vera pena, il vero dispiacere, il vero cordoglio per le vittime lavoratrici del suddetto giornale.


La storia si ripete

New York, Stati Uniti d'America, 11 settembre 2001 (foto Jose Jimenez/Primera Hora/Getty Images)

Trang Bang, Vietnam, 8 giugno 1972