Nell'agosto 2014, l'attempata
protagonista della pubblicità televisiva di uno yogurt asserisce giuliva: “Noi donne vogliamo mantenere le
ossa sane per continuare a fare quello che ci piace”. Perché, gli
uomini (i bambini, gli altri animali...) no?
Volete servirvi dell'osteoporosi per la
vostra pubblicità? Allora perché non citate la parola? È diventata
tabù pure quella? E poi non
è che bastano le ossa sane per continuare a fare tutto quello che
piace.
Magari i pubblicitari puntavano su una
specie di sillogismo subliminale: se bevi il nostro yogurt, puoi fare
quello che vuoi.
Nel 2012 Anissia
Becerra scrisse che una pubblicità dello stesso
prodotto era stata segnalata dall’Unione Nazionale Consumatori
all’Antiturst, il quale comminò alla dita produttrice una multa
per “pratiche commerciali scorrette”. Tra i motivi della
sentenza: “l’utilizzo di indicazioni che inducono il
consumatore in errore rispetto alla effettiva necessità di assumere
il prodotto, sulle caratteristiche del prodotto stesso e sulla
collaborazione promossa”
(http://www.ilfattoalimentare.it/antitrust-condanna-spot-danaos.html).
Adesso i pubblicitari hanno messo una
piccola scritta che passa sul televisore durante il filmato
promozionale. Ma soprattutto pare che non citino l'osteoporosi “in
ossequio al principio per cui non può operarsi un rimarcato richiamo
a malattie/rischi sanitari per creare allarme al fine di presentare
il prodotto come necessaria soluzione del problema”
(secondo quanto dichiarato il 13 maggio 2013 dall'Autorità garante
della concorrenza e del mercato).
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