Mino
De Santis, Radical
Chic
“Radical
chic è
un'espressione idiomatica mutuata dall'inglese per definire gli
appartenenti alla ricca borghesia e gli snob provenienti dalla classe
media che, per seguire la moda, per esibizionismo o per inconfessati
interessi personali, ostentano idee e tendenze politiche affini alla
sinistra radicale (come il comunismo) o comunque opposte al loro vero
ceto di appartenenza.
Un atteggiamento frequente è
l'ostentato disprezzo del denaro, o il non volersene occupare in
prima persona quasi fosse tabù, quando in realtà si abbia uno stile
di vita improntato al procacciamento dello stesso con attività che,
quando osservate in altri, un radical chic non esiterebbe a
definire in modo sprezzante, come volgarmente lucrative.
“Inoltre tale atteggiamento sovente
si identifica con una certa convinzione di superiorità culturale,
nonché per l'ostinata esibizione di tale cultura 'alta', o la curata
trasandatezza nel vestire e, talora, per la ricercatezza in ambito
gastronomico e turistico; considerando insomma come segno distintivo
l'imitazione superficiale di atteggiamenti che furono propri di certi
artisti controcorrente e che, ridotti a mera apparenza, perdono
qualsiasi sostanza denotando l'etichetta snobistica” (da Wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Radical_chic).
Vista simile definizione non certo
lusinghiera, si capisce perché radical
chic
sembra proprio un insulto, e praticamente a nessuno che lo è piace
sentirsi definire tale; un po' come “cornuto”, insomma.
Cercando su Google un'immagine per radical chic, ne è comparsa una di Marco Travaglio sulla
copertina di Vanity Fair. Si sbaglierebbe a pensare che il
collegamento è logico; viceversa, la foto c'era perché il
giornalista affermò di odiare i radical chic.
La foto citata, dell'aprile 2011
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Pur considerando che talvolta le
persone a noi più invise sono quelle che mostrano di avere qualche
nostro stesso difetto.
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