domenica 26 aprile 2015

Calamità ai buoni?

(foto Narendra Shrestha/EPA)

In media il popolo del Nepal (si pronuncia con l'accento sulla a) è uno dei più gradevoli al mondo con cui avere a che fare. Allora perché, se esiste una giustizia divina, è capitato a loro un cataclisma come il terremoto di ieri? Ancor di più: per la maggior parte i nepalesi sono bravi devoti di induismo o buddismo. Allora perché i loro numi non li hanno protetti?

Il grande cenotafio (stupa) di Boudhanath, a Kathmandu, con gli occhi onniveggenti e protettivi del Buddha

Si dice che le vie del Cielo sono imperscrutabili. Si dice pure che Dio non dà mai a una persona una prova che essa non sappia superare.
In effetti, più di uno scalatore ha notato come i suoi portatori nepalesi (sherpa, tamang o di altre etnie locali) avessero un atteggiamento forte, comunque tinto di fatalismo, verso la morte accidentale in montagna.
Magari lo stesso ambiente aspro, tra foreste e alte montagne, ha contribuito nei secoli a formare non solo le loro fedi, ma anche questa loro mentalità.

Monaco buddista di etnia sherpa conduce una cerimonia religiosa (puja) di buon auspicio durante una spedizione alpinistica nell'Himalaya nepalese

Dunque è forse possibile sperare che per molti nepalesi, proprio grazie alle loro fedi e alla loro mentalità, la tragedia del terremoto sia meno difficile da sopportare che per altri? Come trenta chili sono più facili da portare per un giovane culturista di cento, che per un'anziana di cinquanta chili? Non si può che augurargli almeno questo.

Operazioni di soccorso a Durbar Square di Basantapur, nel circondario di Kathmandu


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