lunedì 9 marzo 2015

Terrorismo televisivo?

Da qualche anno vanno di moda in Italia le trasmissioni televisive definite giornalistiche, in cui i servizi e i confronti tra gli ospiti ruotano intorno a problemi dell'Italia che, di volta in volta, diventano di moda. Inizia una trasmissione e le altre sue simili seguono a ruota, cavalcando l'onda.
Per esempio, ora vanno per la maggiore i clandestini, gli zingari, i cinesi, i fascisti. Su di essi si fanno concorrenza trasmissioni del tutto simili sulle reti Rai, Mediaset e, soprattutto, La7.

Michele Santoro, un pioniere delle trasmissioni d'inchiesta

Pressoché ogni servizio di queste trasmissioni ha la sua colonna sonora a effetto: musiche cupe e drammatiche in sottofondo alle voci gravi e inquisitorie dei cronisti.
Talvolta queste trasmissioni rivelano meritevolmente allo spettatore magagne altrimenti nascoste. Ma il lato negativo di simili inchieste è il problema comune dei mass media: battere su un argomento in maniera quasi ossessiva, ingigantendo il coinvolgimento dello spettatore medio e con esso la sua ansia.
Lo scopo di queste campagne impaurenti è sempre il solito: interessare l'utente per tenerlo incollato allo schermo e così aumentare l'audience? Tra l'altro, se gli spettatori sono tanti, le aziende pagano di più alla rete televisiva le loro pubblicità trasmesse nel corso della trasmissione. Senza considerare (ma qui c'è il rischio di cadere nel complottismo) una possibile finalità più elevata: il pilotaggio socio-politico della massa acritica o facilmente suggestionabile.

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