Da qualche anno vanno di moda in Italia
le trasmissioni televisive definite giornalistiche, in cui i servizi
e i confronti tra gli ospiti ruotano intorno a problemi dell'Italia
che, di volta in volta, diventano di moda. Inizia una trasmissione e
le altre sue simili seguono a ruota, cavalcando l'onda.
Per esempio, ora vanno per la maggiore
i clandestini, gli zingari, i cinesi, i fascisti. Su di essi si fanno
concorrenza trasmissioni del tutto simili sulle reti Rai, Mediaset e,
soprattutto, La7.
Michele Santoro, un pioniere delle
trasmissioni d'inchiesta
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Pressoché ogni servizio di queste
trasmissioni ha la sua colonna sonora a effetto: musiche cupe e
drammatiche in sottofondo alle voci gravi e inquisitorie dei
cronisti.
Talvolta queste trasmissioni rivelano
meritevolmente allo spettatore magagne altrimenti nascoste. Ma il
lato negativo di simili inchieste è il problema comune dei mass
media: battere su un argomento in maniera quasi ossessiva,
ingigantendo il coinvolgimento dello spettatore medio e con esso la
sua ansia.
Lo scopo di queste
campagne impaurenti è sempre il solito: interessare l'utente per
tenerlo incollato allo schermo e così aumentare l'audience?
Tra l'altro, se gli spettatori sono tanti, le aziende pagano di più
alla rete televisiva le loro pubblicità trasmesse nel corso della
trasmissione. Senza considerare (ma qui c'è il rischio di cadere nel
complottismo) una possibile finalità più elevata: il pilotaggio
socio-politico della massa acritica o facilmente suggestionabile.
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