venerdì 7 agosto 2015

Medici in corsa

Si osservino i medici che percorrono i corridoi di un ospedale: molti transitano sempre con passo rapido, perfino quando vanno al bar. Sul viso accampano una solenne espressione leggermente corrucciata che potrebbe sconfinare in alterigia. Oppure, di solito quelli più avanti con l'età e con la carriera, un sorrisetto sicuro e fintamente bonario.
Finché non si comprano un abito sartoriale abbinato a scarpe altrettanto costose, il camice fa la differenza: non appena se lo mettono, scatta l'aria d'importanza, come se fosse una schiera di medaglie al valore. Il loro nastro è il fonendoscopio, che al tempo della moda di ER si metteva scomodamente a tracolla (qualcuno lo fa tuttora, anche tra gli infermieri).

L'attore George Clooney, protagonista del telefilm ER

Cominciano presto, gli ottimisti emuli di Ippocrate: già al terzo o quarto anno di università, si bardano di bianco immacolato; come Superman: arrivano in ospedale come un mogio, grigio e anonimo Clark Kent, che poi esce dalla cabina telefonica trasformato in un gran bel fusto dallo sgargiante costume blu.

Questa immagine è pleonastica: il costume da Superman è già il camice bianco

Come ammortizzatore della vanagloria, bisognerebbe almeno mettergli sulla fronte un cartello con la scritta “Sono solo uno studente”. Beh, ma allora perché non mettere sulla fronte dei medici la scritta “Sono solo un medico”?

Joan Osborn, What if God was one of us? (1996)

Nessun commento:

Posta un commento