Si osservino i medici che percorrono i
corridoi di un ospedale: molti transitano sempre con passo rapido,
perfino quando vanno al bar. Sul viso accampano una solenne
espressione leggermente corrucciata che potrebbe sconfinare in
alterigia. Oppure, di solito
quelli più avanti con l'età e con la carriera, un sorrisetto sicuro
e fintamente bonario.
Finché non si comprano un abito
sartoriale abbinato a scarpe altrettanto costose, il camice fa la
differenza: non appena se lo mettono, scatta l'aria d'importanza,
come se fosse una schiera di medaglie al valore. Il loro nastro è il
fonendoscopio, che al tempo della moda di ER si metteva
scomodamente a tracolla (qualcuno lo fa tuttora, anche tra gli
infermieri).
L'attore George Clooney, protagonista
del telefilm ER
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Cominciano presto, gli ottimisti emuli
di Ippocrate: già al terzo o quarto anno di università, si bardano
di bianco immacolato; come Superman: arrivano in ospedale come un
mogio, grigio e anonimo Clark Kent, che poi esce dalla cabina
telefonica trasformato in un gran bel fusto dallo sgargiante costume
blu.
Questa immagine è pleonastica: il
costume da Superman è già il camice bianco
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Come ammortizzatore della vanagloria,
bisognerebbe almeno mettergli sulla fronte un cartello con la scritta
“Sono solo uno studente”. Beh, ma allora perché non mettere
sulla fronte dei medici la scritta “Sono solo un medico”?
Joan Osborn, What if God was one of
us? (1996)
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