mercoledì 21 gennaio 2015

Papa pugile

“Colui che per la prima volta ha lanciato all'avversario una parola ingiuriosa invece di una freccia è stato il fondatore della civiltà”
John H. Jackson
“Ma se c'è gente che fa a botte a trent'anni! Dai, fare a botte a trent'anni è come farsi fare un p...ino dalla barbie
Natalino Balasso


Sull'aereo che lo porta a Manila, il Papa commenta l'attentato a Charlie Hebdo, dicendo che se qualcuno insulta mia madre, è normale che gli spetti un pugno.


Francesco I gode di gran favore per essere utilmente vicino ai sentimenti del popolo. Forse la sua frase succitata seguiva questo filone, ma s'è giustamente notata l'apparente sua idiosincrasia col comandamento evangelico di “porgere l'altra guancia” (“A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra”, Luca 6,27-38).


Se è logico che l'insulto alla mamma di un italiano sortisca da questi un pugno in faccia, perché non dovrebbe essere logico che un insulto a Maometto sortisca bombe da parte di terroristi islamici?
In entrambi i casi si tratta di un gesto violento in risposta a una comunicazione sgradita. Non sarebbe più civile e quindi evoluto per la specie umana, se a un insulto si rispondesse al massimo con un insulto e a un disegno satirico con un disegno satirico?


Nella giurisprudenza italiana esiste il reato di eccesso di legittima difesa, che si manifesta quando la reazione a una minaccia è ritenuta esagerata. Se è legittimo che un figlio difenda la propria madre e se stesso da un insulto, se è legittimo che un musulmano difenda il proprio profeta da una satira, non è eccessivo che il primo lo faccia con un pugno e il secondo con una bomba? La legge, che dovrebbe punire tali eccessi, condanna chi colpisce con un pugno e chi uccide con una bomba. Meglio ancora, la stessa legge serve a cercar di prevenire simili gesti.
Perché la legge li proibisce? Perché possono inficiare la convivenza – e dunque la vita intera – civile e serena.

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