Una giovane donna di bell'aspetto è
laureata in Medicina e Chirurgia. Potrebbe dunque impersonare
l'ideale ellenico di essere umano: kalos kai agazos (καλὸς
καὶ ἀγαθός). Invece scatta quella trappola che si
chiama superbia, e che elimina molta della virtù ἀγαθός.
Taluni diventano superbi per via della
loro bellezza; taluni per l'intelligenza; taluni per la cultura;
taluni per la ricchezza... Se un individuo è sia bello, sia colto,
ha due possibili induzioni a essere superbo.
A ogni pie' sospinto la vanitosa
sottolinea di essere medico, anche a sproposito; più espressioni
infelici come “Mi piace collezionare albini” (intende lo studio
di questa mutazione genetica). Nella palestra che frequenta, sta
facendo un esercizio con le spalle al muro; ma quando gli astanti
parlano di lombalgia, si affretta a girarsi per volgere loro le
terga, sporgere il sedere nei pantaloni aderentissimi e cinguettare:
“Io soffro di lordosi, vedete?”.
Per lo meno, e fortunatamente, costei
si rende conto di non essere adatta al contatto coi pazienti, sicché
ha scelto una specializzazione medica che lo richiede poco. Confida
altresì che le sarebbe piaciuto invece aprire un negozio di oggetti
di moda.
Allora perché ha faticato tanto per la
sua laurea? Forse per l'ambizione, superba, di prestigio?
“Una
volta non c’era la mutua, e i medici se la passavano bene. Quasi
tutti diventavano ricchi, alcuni ricchissimi. Una laurea in medicina
era una gran laurea. Oggi, purtroppo, c’è la mutua”
(Alberto Sordi ne Il medico della mutua, 1968)
Passati gli esami scolastici di
maturità, è il momento delle iscrizioni all'università. Il corso
di Medicina e Chirurgia è assai gettonato, perché laurea
prestigiosa.
Da anni, per accedervi bisogna superare
un test d'ingresso, di tipo nozionistico. Sarebbe invece meglio che
tale prova selezionasse i possibili medici futuri non in base alle
loro conoscenze scolastiche di matematica, fisica, biologia e
chimica, ma in base alla loro attitudine psicologica alla
professione. Tanto più che le une si possono acquisire studiando,
l'altra no.
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Il dottor Albert Schweitzer
(1875-1965), premio Nobel per la pace nel 1952
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