venerdì 1 agosto 2014

Tutto bene?


Quando due zulu s'incontrano, si salutano dicendo l'uno "Ti vedo" ("Sawu bona"; la "w" è muta) e l'altro "Sono qui" ("Sikhona").
In Italia: “Ciao, come va?”. “Ho appena ammazzato il mio capoufficio, e tu?”. “Anch'io bene, grazie”.
Tanta gente chiede “come va” per abitudine, senza che le interessi la risposta.

Michael Douglas nel film “Un giorno di ordinaria follia” (1993)

Da tempo un'altra moda simile, altrettanto priva di consapevolezza e magari tacciabile di ipocrisia, è la domanda “Tutto bene?”. Ma solo a un dio, un santo, un buddha... può andare tutto bene. Al limite non sarebbe più intelligente porre una domanda come “In questo momento il bilancio della tua giornata è positivo o negativo?”. Basta una puntura di zanzara, una lieve flatulenza, il nodo alla cravatta leggermente storto, perché non tutto vada bene.
Eppure l'interrogato risponde: “Sì, grazie”. Anche perché nessuno dei due ha voglia di parlare di sé all'altro e soprattutto di ascoltare l'altro che parla di sé.


Effettivamente si tratta spesso di un dialogo fra sordi, dove l'interrogante dà per scontata una risposta di circostanza breve e positiva. Ma quale sarebbe la sua reazione emotiva e comportamentale se si sentisse replicare “No, certe cose non vanno bene, e adesso ti spiego nel dettaglio quali”.

Scena del film "Weekend con il morto" (1989)

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